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LA VILLEGGIATURA A CRAVEGNA

La villeggiatura, intesa come fenomeno di massa, comincia a Cravegna negli anni del dopoguerra: gli alberghi Alpino e Bellavista erano stati da poco ampliati e ristrutturati e potevano ospitare le prime famiglie che potevano permettersi il lusso di una vacanza. Oltre agli alberghi, molti turisti venivano ospitati nelle case dei residenti che, nella stagione estiva, si ritiravano in spazi più limitati o in case che in inverno non erano abitate. Questo permetteva ai cravegnesi di integrare il loro reddito e, fatto ancora più importante, di venire a contatto con "i sciòori", per condividere abitudini e stili di vita molto diversi dai propri.

In effetti questi primi turisti hanno avuto la fortuna di venire a contatto con un paese ancora intatto nelle sue caratteristiche e tradizioni contadine. Hanno potuto osservare i mille lavori manuali che i paesani dovevano compiere per riuscire ad ottenere dal loro bestiame qualche forma di formaggio e di burro, hanno assistito alle cerimonie religiose e hanno accompagnato gli uomini, la domenica dopo la messa, all’osteria in completo nero a giocare le carte e bere un bicchiere di vino rosso.

Dalla fine degli anni ’60, e poi per almeno i successivi 20 anni, si sono cominciate a costruire le prime case per i villeggianti. Questo fenomeno ha avuto un ruolo fondamentale per la trasformazione del paese: i villeggianti delle seconde case rimanevano per periodi più lunghi, e anche al di fuori della sola stagione estiva, e ciò ha permesso una maggiore integrazione con i paesani. Per molti di loro Cravegna è diventata il paese in cui vivere in tutti i momenti liberi dal lavoro ed il luogo in cui ritirarsi appena raggiunta la soglia della pensione. Questa integrazione è stata particolarmente forte nelle giovani generazioni che, in diversi casi hanno intrecciato legami affettivi vivi ancora oggi.

I due alberghi che erano stati i propulsori dello sviluppo turistico del paese, con il passare degli anni diventano sempre meno adatti ad accogliere i turisti più esigenti, e la loro clientela diventa quasi esclusivamente quella della terza età. Inizia purtroppo, un periodo di declino del turismo cravegnese che vedrà chiudere, una dopo l’altra tutte le strutture dedicate all’ospitalità dei turisti.

La chiusura degli alberghi e della mitica cooperativa, che aveva visto passare nei suoi locali tutta la storia del paese e dei suoi ospiti, ha reso evidente e più drammatica, nel nostro paese, la crisi del turismo che ha colpito quasi tutti i centri montani non attrezzati per ospitare i turisti nella stagione invernale.

 

A. Forni


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