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LA VILLEGGIATURA A CRAVEGNA

Cari amici, sono uno dei tanti villeggianti da Voi definiti "quasi eroici" in quanto insisto a frequentare Cravegna che, effettivamente, oltre alle spese di gestione della casa, ci ha lasciato ben poco. E´ proprio su questo ultimo termine che mi vorrei soffermare per una piccola riflessione, sperando di non tediare nessuno.

Nell'imminenza di compiere i cinquant'anni di età ed in dirittura d'arrivo per festeggiare i cinquant'anni di villeggiatura a Cravegna, spesso, tra un "rovinato" e una scopa d´assi, amo fare quattro passi tra le vecchie stradine di acciottolato, passando davanti alla "ca´dul papa" per proseguire verso il cimitero, dove, dopo tanti anni, hai l´impressione di entrare nella casa di un amico che tiene sulla credenza le foto dei suoi cari scomparsi.

E all´ora, dopo essere entrato dal cancello di ferro, non trattengo un sorriso, ricordando Don Braneschi che, dall'alto della Sua mole, ci sgridava perché ci tiravamo le meline o i perini raccolti a terra; e poco vicino incontro il Felice, che usciva nell'atrio dell'Alpino (le meline erano sue) con un minaccioso "lo dico a tuo padre".

E come non fermarsi davanti al volto sempre allegro del Cesarino, che faceva ballare la mamma perché lui diceva di essere più bravo del papà (era una bella lotta).

Archiviato un ricordo, anche se i bar sono chiusi, scambio quattro chiacchiere con la Rina e con il Dario, ricordo una partita a scopa (quante sgridate) con il Cesare, con il Franco, con l´Alfredo o con il Pierino; una chiacchierata - rigorosamente con relativa bevuta - anche con il Rocco, mentre si arrotola la sigaretto col trinciato, con il Battista, il Rino (con partita a scala), il Romildo e tutti gli altri il cui ricordo rimane indelebile nella mia mente.

Un po´ di commozione mentre vado a trovare mio padre (anche lui è nel vostro cimitero) e mentre saluto la Patrizia, che, come gli altri giovani che sono mancati, lasciano un segno ancora più marcato di vuoto.

Risalendo poi verso la piazza, mi sembra di rivedere arrivare il motocarro del Remigi o quello del Zeferino, per una sosta al bar,mentre sulla panchina in pietra il Firminio fuma pacifico la sua pipa. E poi in piazza, dalla Milena, nel negozio della Pina, in cooperativa, all'Alpino, al Bellavista, per non scordare il Cistellina, tutti posti ove collochi ricordi che si trasformano in volti amici. Probabilmente sono riuscito ad annoiare chi legge queste righe, ma l´intento, mi si perdoni, era solo quello di rimarcare che non è vero che Cravegna non ci ha lasciato niente, viceversa, ci portiamo un tesoro di ricordi che un negozio od un albergo chiuso non potrà cancellare. Quindi nessun eroismo, ma tanta, tanta nostalgia.

Bruno


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